Cosa penso di Sanremo l’ho già spiegato nella recensione all’edizione 2014, mentre il mio parere su Carlo Conti l’ho espresso nei post su L’arena, Tale e Quale Show, L’eredità.
Mi ero anche ripromesso che quella dello scorso anno sarebbe stata la prima e ultima volta che io avrei visto il Festival nella mia vita, ma ho dovuto rifarlo.
Ci tengo a precisare che qualcuno di cui non faccio il nome (vero Simona?), mi ha scritto testualmente “Sai qual è la cosa che mi rende più felice in questi giorni? Che ti tocca vedere SANREMO! (risata malefica)”.
E così eccomi qua, davanti alla tv, per la prima puntata.
Si inizia con una presentazione dei cantanti che vorrebbe essere simpatica e giovanile
e invece sono due palle di 30 di minuti compresa la pubblicità. Continua a leggere
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Benigni cambia idea sui 10 comandamenti e sui vizi di Dio
“I dieci comandamenti? Dio li ha fatti per i ricchi! I sette vizi capitali? Dio li ha tutti e sette insieme! Ira, nessuno s’incazza più di lui, superbia, nessuno è più superbo di lui”
Così scherzava Roberto Benigni negli anni ’80, nel suo primissimo TuttoBenigni, col quale sono cresciuto e di cui, ancora oggi, ricordo quasi ogni battuta a memoria.
Qualche anno prima, invece, aveva stabilito il record di sempre (tutt’oggi imbattuto) di imprecazioni contenute in una sola sequenza cinematografica, nel film “Berlinguer Ti Voglio Bene“. Continua a leggere
Dario Fo (e Mika) su Raiuno: la cultura in prima serata nel Paese di Zelig e Checco Zalone
Ieri sera Raiuno ha fatto una cosa che non faceva dalla prima lettura della Divina Commedia da parte di Benigni: cultura in prima serata.Dario Fo, infatti, è stato chiamato a portare in scena una versione ridotta, ma anche riveduta, de Lu Santo Jullare Francesco, lo spettacolo che narra le gesta censurate del santo di Assisi, che si unisce ai ribelli, abbatte le torri, finisce in prigione, si scaglia contro il papato, si comporta da giullare per attirare il popolo.
Ad 88 anni suonati il Premio Nobel per la Letteratura regge il palco come un leone, ridicolizzando, anzi disintegrando, questa comicità moderna fatta di tormentoni fasulli, di sketch ridotti nei tempi televisivi, e di assoluta innocuità.
Se un comico non dà fastidio al potere, dice sempre Fo, vuol dire che non vale niente. Continua a leggere
Miracolo di Beppe Grillo a Porta a Porta: Vespa fa delle domande
A Beppe Grillo bastano pochi secondi per disintegrare la sacra istituzionalità di Bruno Vespa e del suo Porta a Porta.
Già nell’anteprima aveva stigmatizzato la redazione di Porta a Porta: “ah allora l’avevate una mia foto normale, quasi non mi riconoscevo”.
Ma non appena la trasmissione ha inizio un Grillo assolutamente geniale rimane in piedi, passeggia per lo studio, si rivolge al pubblico e dice: “voi siete la metafora dell’Italia, un pubblico che non può parlare ma solo sorridere, pagato da una società che io conosco, quanto vi danno, 80 euro anche a voi? Sono venuto qua, è una mossa politica…non mi nascondo. Voglio rivolgermi a delle persone che hanno un pregiudizio”. Continua a leggere
Non Aver Paura: la noiosa (finta) storia del Papa e del maestro di sci
In questi ultimi giorni la tv italiana è stata confiscata per dedicare quasi l’intera programmazione alla canonizzazione di Giovanni Paolo II.
Ovviamente Raiuno non poteva fare eccezione e ci ha regalato un polpettone incredibile
sull’amicizia tra il defunto Pontefice e una guida alpina e mastro di sci.
Dagli ambienti vaticani la bocciatura è completa,in quanto risulta una falsificazione dei fatti realmente accaduti: “Non la guarderò, è solo un romanzo del tutto diverso dalla realtà storica. Il Papa sull’Adamello ci è arrivato perché invitato dai fratelli Rosa, Gianluca e Marco, che si offrirono di portarlo a sciare. L’idea venne a Gianluca, allora avvocato, che si trovava Roma per gli studi notarili. Gli mancava la montagna e si sentiva solo. Pensò che potesse essere così anche per Wojtyla, uomo di montagna che viveva lontano dalla sua Polonia. Continua a leggere
Purché Finisca Bene: con “Una Ferrari per Due” torna la buona commedia in Rai
“Purché Finisca Bene” è un ciclo di cinque commedie prodotte per la Rai da Agostino Saccà e la sua Pepito Produzioni.
Finalmente Raiuno ci regala un prodotto dignitoso, seppur non di eccelsa fattura, leggero, divertente, forse leggermente buonista (almeno nel primo episodio).
Cinque film che affrontano tematiche contemporanee (il lavoro, i rapporti sentimentali, la crisi dell’impresa) con il sorriso sulle labbra.
Con la roba che mandano in onda di solito c’è solo da gioire a vedere Neri Marcorè, che pure non è Marcello Mastroianni ma è pur sempre meglio del solito Terence Hill, e l’adorabile Anita Caprioli duettare sulla rete ammiraglia della tv di Stato. Continua a leggere
La Pista: Raiuno confeziona (anzi copia) ancora un pessimo talent
Esattamente come gli sceneggiatori di Boris (per leggere clicca qui) rubano le idee dalle soap coreane, sperando di non essere scoperti, Raiuno saccheggia un format venezuelano, sempre per la teoria che in Italia non c’è un cristo in grado di inventarsi un programma per la tv.
Arriva così La Pista, una roba così nuova ma così nuova che sa tantissimo di vecchio, condotto dall’immarcescibile Flavio Insinna (per leggere clicca qui), che sapeva di vecchio, probabilmente, anche in fasce. Insomma, ancora un pacco dall’uomo dei pacchi.
Ottanta ballerini divisi in squadre da dieci si fanno giudicare da una speciale giuria composta da tre professionisti di livello internazionale ed indiscussi protagonisti della storia della danza: Claudia Gerini, Rita Pavone e Gigi Proietti. Continua a leggere
Le due leggi: una buona idea, senza alcun coraggio
Dico subito una cosa: che Raiuno faccia una miniserie su un tema di attualità come le truffe bancarie, ponendo come punto di svolta della struttura narrativa il suicidio di un imprenditore vessato dai debiti nei confronti della banca, è comunque un grande passo avanti rispetto alle duecento fiction su santi, forze dell’ordine, preti detective, ecc.
Inoltre, Le Due Leggi ha fatto arrabbiare l’ABI, l’unione delle banche, ed è stata costretta ad un rinvio per ridoppiare e rimontare alcun scene, per aver usato nomi di società realmente esistenti, e questo depone a suo favore.
Il problema, semmai,è il tentativo di conquistare una fetta di pubblico con l’escamotage, classico, del drammone familiare.
Da un lato, le gelosie, i dolori, le perdite, per le casalinghe, e dall’altro, le vicende della ragazzina, nella speranza di attirare il pubblico giovane. Continua a leggere
Ti lascio una canzone. No, per pietà, tienila tu!
Armato della pazienza di Giobbe e della buona volontà di Stakanov, mi sono messo a guardare “Ti lascio una canzone“, ma ammetto che sono bastati i primi 2 minuti per scatenare in me l’irrefrenabile impulso di cambiare canale. Poi, però ho resistito. Stoico.
Voglio fare una premessa: i bambini che cantano con voce da adulti mi fanno una paura fottuta, un po’come quelli dei film horror.
La Clerici è subito ridicola, entra zompettando con la grazia di un ornitorinco, ed è vestita da confetto rosso, anzi da bomboniera.
La trasmissione consiste in una gara tra canzoni noiosissime che vengono giudicate al 50% dalla giuria, e al 50% dall’immancabile televoto.
Si inizia subito col meglio che la musica italiana abbia mai offerto. Fabrizio De Andrè? Francesco Guccini? Gli Area? Paolo Conte? No, le canzoni di Marcella Bella! Che culo! Continua a leggere
Sei Braccialetti Rossi in cerca (disperatamente) d’autore

I protagonisti di Braccialetti Rossi
L’ennesima fiction capolavoro targata Rai chiude i battenti (per fortuna) domenica prossima alle 21:20 sui Raiuno, ma è pronta a tornare, con una seconda stagione per i milioni di fan (più di cinque a puntata), il prossimo anno.
Tratta da una fiction spagnola, “Polseres Vermelles“, “Braccialetti Rossi” narra, in sei puntate, la storia di sei insopportabili ragazzini ricoverati in ospedale, legati da un simbolico braccialetto ad un “patto per la vita”: Leo, Tony, Davide, Cris (l’unica ragazza, che praticamente mette in subbuglio gli ormoni di tutti), Vale, e Rocco che, dal letto del coma (che culo!), fa da voce narrante. Il tutto con contorno di padri indifferenti, madri piangenti, sorelle urlanti, tutti coinvolti nel dramma.
I soprannomi dei protagonisti, poi, sono davvero geniali. Vi dico solo che Tony viene chiamato “il furbo” e Rocco “l’imprescindibile”! L’imprescindibile?! Ma come gli viene in mente l’imprescindibile?! Continua a leggere