“Balotelli è bianco, i negri siete voi!”. “Da piccolo ti portano in chiesa ma non te la fanno fare la comunione…tutti a promuovere st’agnello di Dio, ma se poi non me lo fate nemmeno assaggiare, non invitatemi alla grigliata!”.
“Ho scritto uno spot. Un uomo in autostrada con un cocker e un bimbo di colore. L’uomo accosta, lega il cocker al guard rail, sale in macchina, sorride, e parte la voce fuoricampo: <<con i soldi risparmiati sui croccantini, ho adottato un bambino del Sudan. Mo’ che cazzo vuoi?>>.
“Il mio pezzo sulla marijuana è frutto di fantasia. Non può esistere davvero Giovanardi!”
Dissacranti, intelligenti, aggressivi, sono tornati su Comedy Central gli artisti di Satiriasi, per la seconda stagione di Stand Up Comedy.
Sette comedian, tutti con uno stile diverso, uniti da un microfono a filo che si passano l’un l’altro, in una girandola di battute controverse, riflessioni amare, e provocazioni.
Senza filtri e senza censure, senza scenografie né oggetti di scena, quello di Comedy Central, è un esperimento coraggioso che farà storcere il naso a qualcuno, ma che ci regala finalmente una comicità diversa, che azzanna al collo il buonismo imperante e ti sbatte in faccia la realtà così com’è.
Ripresi nel loro ambiente naturale (davanti al proprio pubblico, alla Locanda Atlantide di Roma), e capitanati da Filippo Giardina, ideatore e fondatore del gruppo Satiriasi, sul palco si alternano il cattivissimo Giorgio Montanini (noto al grande pubblico per Nemico Pubblico), Saverio Raimondo (il mitico ricoverato in Svizzera nella clinica per smettere di essere italiani), Velia Lalli, (spiazzante, l’unica donna in Italia capace di far ridere polverizzando gli stereotipi), il mistico Mauro Fratini con le sue parabole, l’istrionico siciliano Pietro Sparacino, e il surreale sosia di Saviano, Francesco De Carlo.
Messo al bando il politicamente corretto, i monologhi, taglienti e (tenetevi forte!) intelligenti, propongono un punto di vista su argomenti universali quali sesso, religione, droga, senza dimenticare le dinamiche sociali della vita quotidiana.
All’accusa di volgarità rispondono con naturalezza: se sei in mezzo alla strada e ti succede qualcosa, dici vaffanculo. Allora, se io salgo sul palco e dico “accipicchia”, sto prendendo per il culo il pubblico.
La scelta di questi artisti di misurarsi con un pubblico dallo stomaco forte e con uno sviluppato senso critico è in realtà la nuova grande scommessa della comicità italiana, ormai satura di cabarettisti da quattro soldi che si limitano ad infilare luoghi comuni uno dietro l’altro, manco fossero gli autori di Jovanotti.
Qualcuno sostiene che il pubblico italiano non sia pronto per una comicità cinica che non risparmia niente e nessuno. Ma è pur vero che finché non gli mostri qualcosa di nuovo, perché mai il pubblico dovrebbe maturare i propri gusti?
Rigorosamente vietato ai minori di 14 anni, Stand Up Comedy va in onda il lunedì alle 22:50 su Comedy Central per sette puntate, durante le quali, a turno, uno dei comedian ha il compito di “presentare”.
Ieri è toccato a Giardina, che ne ha approfittato per disintegrare il mito dei conduttori tv, da Mike Bongiorno (“che deve saper fare un presentatore? Dire quattro parole in italiano. Lui nemmeno quelle!”), a Paolo Bonolis (“quanto mi sta sul cazzo, fa il figo con gli stupidi”).
Poi, in ordine, Montanini ha fatto il suo strepitoso pezzo sul razzismo e Valentino Rossi, Saverio Raimondo ha scalato l’Everest con un pezzo su pedofilia e incesto, Velia Lalli ha raccontato l’infanzia cattolica, approfittandone per incenerire i boy scout, Francesco De Carlo, tra i suoi soliti deliri, ha schiaffeggiato gli italiani (tanti ,troppi) che cercano di cambiare vita con videopoker o con i gratta e vinci, Mauro Fratini ha incitato i giovani alla ribellione contro le agenzie immobiliari ed i mutui, infine Pietro Sparacino ha raccontato di come ha chiuso con le sigarette, passando alle canne.
Insomma, se davvero in tv volete guardare qualcosa di diverso, adesso non avete più scuse.
Vi lascio con il Manifesto di Satiriasi
Premesso che siamo umoristi, comici e comunque abbiamo scelto, per esprimerci, la strada della risata.
Premesso che abbiamo dentro l’urgenza di “dire qualcosa”, ma proprio perché siamo professionisti non possiamo farlo da “pubblico” ma dobbiamo farlo da persone che stanno al di qua del palco.
Premesso che siamo persone che si ritengono intelligenti e dotate di buon senso, proprio per questo dobbiamo dimostrarlo con i fatti.
1) La risata è il mezzo e non il fine.
2) Niente travestimenti, si entra col proprio nome e cognome un’asta un microfono e il proprio bagaglio di vissuto.
3) La libertà è assoluta ma non sono permessi pezzi che ispirino forme di violenza intolleranza o razzismo.
4) Non è uno spettacolo di cabaret.
5) Il pubblico può essere coinvolto all’interno di un pezzo ma deve rappresentare una parte accessoria – Qualora fosse una parte fondante va giustificato in maniera chiara.
6) Non si fanno comizi politici. Se in un pezzo non si ride (o comunque non c’è l’intento comico) il servizio di satira viene a mancare.
7) Non si fanno giochi di parole a meno che non siano frutto di uno studio tale da giustificarne il senso.
8) Bisogna sforzarsi di proporre pezzi originali, ci repelle la baggianata: “ormai è stato già detto tutto” ( tutto quello che è stato già detto può essere ridetto, ribadito e migliorato).
9) Non tutti i milanesi corrono, non tutti i romani sono cafoni non tutti i napoletani sono furbi, non tutte le suocere sono cattive.
10) Maria De Filippi è mascolina, Rocco Siffredi ce l’ha grosso ma a noi non interessa.
11) Per i temi trattati e il linguaggio utilizzato i nostri spettacoli si rivolgono a un pubblico adulto.
12) Il populismo e il parlare alla pancia delle persone creano grasse risate e facili consensi, ma uccidono la qualità dello spettacolo.
13) La satira è intelligente, chi la fa non sempre.
14) La satira necessita di punti di vista, per questo motivo ognuno di noi è autore dei propri testi.
15) Se il pubblico è già d’accordo con quello che stai per dire, forse non c’è bisogno che tu lo dica.
Otello Piccoli
Solo su una cosa non sono d’accordo: al punto 6 si parla di servizio di satira, ma la satira non è un servizio da rendere a qualcuno. La satira è spettacolo. Evidentemente è questo il concetto che non è chiaro nella mente di alcuni attori di satira dallo spiccato senso di onnipotenza. No?!
Mmm, è l’unica parte che non ho scritto io, quindi,sarebbe da chiedere agli autori cosa intendano con ” servizio”..
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