Sanremo, tra mummie e noia un dubbio: ma la Carrà sniffa coca?


Io ve lo devo dire subito, così fughiamo ogni dubbio: Il Festival di Sanremo è una noia mortale!
Ovviamente lo sapevo già, ma poi ho avuto l’orrenda visione del suicidio di massa di tutti voi, miei deliranti fan, alla notizia che non ci sarebbe stato il post di Sanremo su Se Telecomando.
Così, come Gesù Cristo, ho caricato la croce sulle mie spalle e mi sono sparato sette ore di Festival, una roba che al confronto le due ore e mezza passate sulla sedia del dentista la scorsa settimana sono state un orgasmo.
Tra l’altro, bisogna aggiungere che, per un’intera settimana, sono stati sospesi quasi tutti i programmi di punta in prime time della tv generalista italiana,pubblica e privata, per timore del flop degli ascolti. Cioè se non ti piace il Festival t’attacchi.

Sanremo è, da sempre, lo specchio più limpido di un Paese che non ha mai voglia di guardare avanti, e cerca solo rassicuranti sguardi sul passato.
Per dire, mentre Jimi Hendrix bruciava la chitarra sul palco suonando l’inno americano, da noi si esibivano Little Tony e I Ricchi  e Poveri.
E infatti le canzoni, che però sembrano solo fare da sfondo allo show di Fabio Fazio e Luciana Littizzetto, a parte qualche eccezione, sanno tutte di già visto, già sentito, già scartato.Soprattutto sanno quasi tutte di melenso.

Il buon Francesco Guccini,  grandissimo artista che ha avuto il raro gusto di ritirarsi dalle scene prima di fare compassione, con sommo dispiacere ma grandissimo rispetto da parte dei suoi fan (me per primo), durante il suo tour del 1997 amava dire: “smettetela di scrivere canzoni d’amore disperate. Le canzoni d’amore si scrivono con due sole motivazioni: portarsi a letto una ragazza, o mandarla a fare in culo”. Poi faceva impazzire il suo pubblico con “Vorrei” e con “Quattro Stracci“.
Queste invece sono proprio le canzoni d’amore da insulina, quelle che ti verrebbe voglia di trasformarti in Tafazzi.

Luciana Littizzetto e Fabio Fazio

Luciana Littizzetto e Fabio Fazio

La cosa funziona così: 14 “big” (di cui la metà praticamente emeriti sconosciuti) con due canzoni a testa, poi il “televoto” (mamma mia il televoto!) e la giuria di giornalisti ne scelgono una che partecipa al Festival. Così tanto per farlo durare di meno. Cioè già era uno strazio se ne portavano una. No, due. Evvai!
Prima di iniziare c’è l’imprevisto: due operai interrompono l’introduzione (terribile) di Fazio sulla bellezza, minacciando il suicidio e chiedendo che venga letta la loro lettera. Il conduttore mostra uno dei suoi limiti più grandi: l’improvvisazione. Diciamo che non è proprio cosa sua. Anzi, fa anche il pippotto sul fatto che con quel gesto i due impediscono il lavoro di altri, insomma una roba da studente secchione contro le occupazioni. Comunque sia la cosa si risolve e l’avventura può cominciare.

Peccato, perché arriva subito Ligabue a distruggere Creuza de Ma, meraviglioso gioiello di Fabrizio De Andrè. Il figlio Cristiano, generosamente, la definirà “una versione al lambrusco”.
Dopo una mezz’ora buona Fazio si ricorda che ci sarebbe anche una gara canora da svolgere e chiama sul palco Arisa, quella che parla come Paperino dopo un colpo ai testicoli, la quale ci propina della roba dal sapore così antico che onestamente è davvero inconcepibile.
Poi arriva il momento di Frankie HI NRG e tu dici: si gode! Macchè. Il rapper sembra svuotato, e per fortuna passa la seconda canzone, “Pedala”, che è un po’ meglio della prima.
A comunicare la canzone vincente arrivano le campionesse Tania Cagnotto Francesca Dallapè, nel delicatissimo ruolo delle fregnette.

Laetitia Casta si ridicolizza a Sanremo

Laetitia Casta si ridicolizza a Sanremo

E, a proposito di fregna, ecco sul palco l’annunciatissima Laetitia Casta, che viene costretta ad un’umiliazione terribile.
Prima deve fare da spalla ad una scenetta da tv in bianco e nero con Fazio che canta “Ne Me Quitte Pas“, e poi si mortifica a fare l’avanspettacolo cantando e ballando “ma ‘ndo vai se la banana non ce l’hai?“, come una Valeria Marini qualsiasi. Ma perché? Che vi ha fatto?

La gara ricomincia con le canzoni di Antonella Ruggiero, che da qualche anno sta vivendo un’inspiegabile nuova giovinezza, ma anche lei non ha veramente niente da dirci.
L’arrivo di Raphael Gualazzi (nome d’arte che fa molto “Raf Benson“, il personaggio di Pozzetto in “‘ E’ Arrivato Mio Fratello“), invece, propone qualcosa che può piacere o meno, almeno sa di novità: l’incontro musicale tra le sonorità blueseggianti e la techno dance di The Bloody Beetroots, il progetto musicale del misterioso Sir Bob Cornelius Rifo, nome d’arte di un dj e fotografo italiano che non ha mai svelato la sua vera identità e si esibisce con la maschera di Venom, l’acerrimo nemico di Spiderman.

Raphael Gualazzi e The Bloody Beetroots

Raphael Gualazzi e The Bloody Beetroots

Ma ecco che, direttamente dal museo egizio di Torino, appena tirata fuori dal sarcofago, si presenta sul palco Raffaella Carrà.
Una che a 71 anni continua a ballare in mezzo ai ragazzini vestiti da punk! Ma perché? Ma qual è il motivo? Ma perché non fai la vecchina come tutte le altre? Ma che dignità c’è a sgambettare, tutta rifatta, fingendo di essere giovane? Mistero.
Tant’è che mi tocca sorbirmi anche questa roba.
A un certo punto sembra possa esserci lo scoop. Fazio le chiede: “ma come fai con tutta questa energia pazzesca?”, e io sto lì in attesa che dica “che domande, pippo cocaina come un’aspirapolvere”. Invece lei dice “eh sono emiliana!”. Mannaggia, c’avevo creduto!

Raffaella Carrà a Sanremo

Raffaella Carrà a Sanremo

Sul palco passa ora Cristiano De Andrè, che continua a portare sulle spalle un cognome fin troppo ingombrante. E lui, talentuoso musicista, come cantautore non è proprio all’altezza.
Per lui ci sarà, ad annunciare la canzone vincente, Cristiana Capotondi, che indossa un vestito che sembra una carta da parati, ed è annunciata come una grandissima attrice, nonostante sia quella che Renè Ferretti chiamerebbe una cagna maledetta.
Per fortuna c’è un attimo di tregua con l’arrivo del grandissimo Cat Steven, (un altro giovane virgulto) che ci regala momenti intensissimi, sciogliendoci tutti con la meravigliosa Father and Son.
Ma dura troppo poco, e già sul palco c’è Giusy Ferreri, una da canzoni per l’estate.
La prima serata si conclude così.

La seconda, invece, si apre con un pippotto retorico di Claudio Santamaria sul maestro Manzi, e prosegue con una novità assoluta.
Se la Carrà è stata rimessa nel suo sarcofago al museo egizio, ecco che, direttamente dal paleolitico, arrivano le gemelle Kessler, anch’esse costrette a ballare alla tenera età di 78 anni a testa, insieme, praticamente, 156! Insomma con la scusa dei sessant’anni della Rai, le cariatidi si sprecano.
Poi arriva Renga, uno che se non avesse sposato Ambra Angiolini sarebbe finito nel dimenticatoio dopo 5 minuti, e Giuliano Palma, il quale però dava decisamente il meglio di sé nei locali con i Blubeaters.

Intanto i due conduttori ci regalano un altro po’ di retorica un tanto al kg con l’ennesimo pietoso pistolotto sulla bellezza.
E qui devo fermarmi un attimo e dire due parole sulla conduzione.
Fabio Fazio e Luciana Littizzetto sono due persone perbene, intelligenti, brillanti, preparate.
Ma sempre uguali a sé stesse. Onestamente, iniziano a stancare. le battute sull’impotenza di Fazio che vanno avanti ormai da un decennio, e in questi due giorni entrambi hanno dato il peggio. Soprattutto la Littizzetto che tra balletti e costumi vari s’è proprio buttata giù. Insomma i conduttori sembrano più intenti ad autocelebrare la loro unione artistica, che a presentare un programma.

Noemi si prepara per combattere la Morte Nera

Noemi si prepara per combattere la Morte Nera

Torna la musica, si fa per dire, con Noemi, uno dei prodotti della musica filtrata dai talent. Più che per le canzoni si fa notare per essersi vestita da sposa di Star Wars e per avere l’orchestra diretta dal sosia di Morgan. Scherzi del destino.
Passa anche un tale Renzo Rubino, che lascia decisamente il tempo che trova.

Poi Fazio, emozionatissimo, presenta Franca Valeri. Forse la pagina peggiore di queste due serate. Non tanto per la bravissima attrice, quanto per il cattivo gusto, permettetemelo, di portare sul palco una donna di 94 anni, che riesce a muoversi a malapena, e a parlare anche peggio. In più, per farle recitare un pezzo in cui parla al telefono con la madre e mette in mezzo anche la nonna! Ma quanti anni dovrebbe avere sua nonna? Avrà fatto le elementari con Dante Alighieri!
Ora io ho scherzato sulle mummie e così via, ma qui si esagera proprio.

Luciana Littizzetto e la povera Franca Valeri stremata sulla poltrona

Luciana Littizzetto e la povera Franca Valeri stremata sulla poltrona

Ma non faccio in tempo a lamentarmi che mi tocca sorbirmi Ron, uno che dopo “Una Città per Cantare” avrebbe potuto fermarsi e l’avremmo ricordato con un sorriso. Invece no, lui insiste.
Ma la sofferenza non finisce qui perché succede qualcosa di inaspettato. Che vi riassumo così: “no, Baglioni no!”.
Trenta infiniti minuti con quest’altro liftato che ancora ci racconta di quando non riusciva ad abbordare le ragazzine in spiaggia. Io vado vicino al suicidio.

Vengo salvato solo dalla bella scoperta di Riccardo Sinigallia, uno che ha passato molto tempo dietro le quinte, ma che ha collaborato a scrivere alcuni di pezzi più famosi di Gazzè, e che cantava il ritornello di Quelli che Benpensano, nella clip da lui stesso girata.
Due pezzi, finalmente, un po’ diversi.
Chiude la gara Francesco Sarcina, ex leader de “Le Vibrazioni” (e sti cazzi!), che mentre canta sembra un malato di mente.

La serata sembra non finire mai.
Prima arriva l’ultimo ospite, Rufus Wainwright, che racconta del suo outing tra gli applausi. Anche perché noi siamo un Paese che accetta l’omosessualità degli artisti senza battere ciglio. Quello che ci dà fastidio è l’omosessualità del vicino di casa. Ma questo è un altro discorso.
Infine entrano i quattro “giovani” ammessi dalle selezioni: Diodato, Filippo Graziani, Bianca e Zibba. Ma nessuno se li caga, infatti la gente va via durante le loro esibizioni.
Diodato e Zibba passano il turno, gli altri due tornano nell’oblio.

E io faccio una promessa a me stesso: questo è il primo e ultimo Festival di Sanremo della mia vita. Spero.
Dimenticavo: c’è anche un pre-festival condotto da Pif. Che almeno tenta di fare qualcosa. Ma non è che gli riesca poi tanto.

Otello Piccoli

2 pensieri su “Sanremo, tra mummie e noia un dubbio: ma la Carrà sniffa coca?

  1. Pingback: Sanremo: Conti, Al Bano e Romina, Siani, e la Banalità del Male | Se Telecomando

  2. seguendo il tuo blog da oggi sto leggendo a ritroso i tuoi post e fortunatamente non hai mantenuto la promessa e hai commentato anche il festival di sanremo 2015. Sarebbe stato un peccato per chi ti legge se non l’avessi fatto 🙂

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