
I protagonisti di Hotel 6 Stelle
La Raitre di Andrea Vianello comincia ad infilare qualche colpo giusto (tra cui la bella striscia domenicale sul mondo dell’arte a cura di Achille Bonito Oliva di cui vi parlerò nei prossimi giorni) anche se non è ancora premiata dagli ascolti. Insomma, fa il servizio pubblico, e propone qualche prodotto di qualità.
Una di queste è “Hotel 6 Stelle“, la cui prima puntata è andata in onda lunedì alle 23:10.
L’hotel è un lussuoso complesso della catena Melia a Roma, che ha messo a disposizione le proprie strutture per un speciale tirocinio di sei settimane in collaborazione con l’ Associazione Italiana Persone Down (AIPD).
Le sei stelle sono, come avrete capito, sei meravigliosi ragazzi affetti dalla trisomia 21 che hanno la possibilità di confrontarsi col mondo dl lavoro, seguiti ed accompagnati da tutor e da volontari della AIPDNicolas ha 21 anni, Edoardo ne ha 19, Livia 21, Benedetta 23, Martina 31 ed Emanuele 24. Alcuni sono timidi e si stancano facilmente, altri sono estroversi e con grande voglia di fare.
Nicolas, per esempio, va a cavallo ed è presidente della squadra di calcio del suo paese, mentre Livia è campionessa di nuoto sincronizzato.
In albergo sono accolti dal Managing Director Italy della Melia Hotels, Palmiro Nochese, che assegna ad ognuno i rispettivi compiti: Livia starà al bar, Martina farà cameriera ai piani, Benedetta al breakfast, Emanuele, che ha fatto l’alberghiero, in cucina, Edoardo si occuperà della manutenzione, e Nicolas starà al ricevimento. Il tirocinio prevede perfino uno speciale corso di inglese, per preparare i ragazzi anche al contatto con i clienti stranieri.
Naturalmente, per nessuno di loro è facile inserirsi in un mondo che ha ritmi e standard di perfezionismo a cui questi ragazzi non sono probabilmente abituati.
E le prime difficoltà arrivano per tutti, dalle sciocchezze, come la mancanza di guanti piccoli adatti alle mani di Emanuele, alla stanchezza e allo sconforto che colpiscono Martina quando il cavo dell’aspirapolvere si incastra sotto alla poltrona. Tanto per ricordarci che quelle che per noi sono bazzecole sulle quali sorridere, per altri possono essere ostacoli difficilmente sormontabili.
Ma ognuno di loro affronta questa prova con l’entusiasmo di chi si apre per la prima volta ad un mondo nuovo, ad un’esperienza forse unica. E, quell’entusiasmo, oltrepassa lo schermo, colpisce, commuove, fa riflettere.

Emanuele, Livia, Benedetta, Martina, Nicolas ed Edoardo
Hotel 6 Stelle non è un reality o un talent. Non è nemmeno una docu-fiction. Vianello l’ha definita una docu-experience, la documentazione visiva, ricostruita in un format televisivo, di un’esperienza che avrebbe avuto luogo comunque. ma che poi si è, evidentemente, svolta anche seguendo le esigenze della comunicazione televisiva.
Sono due i principali pregi di questo prodotto.
Da un lato il fatto che si affrontano le tematiche legate alla Sindrome di Down attraverso il filtro dell’inserimento nel mondo del lavoro. Un punto di vista nuovo, importante, che serve agli spettatori come chiave d’approccio a un mondo che spesso è guardato a distanza, se non addirittura con un velato senso di colpa. Un tentativo, ben riuscito, di sensibilizzare il pubblico facendolo divertire, e facendolo innamorare dei dolci sorrisi, all’apparenza un po’ ingenui, dei sei protagonisti. I ragazzi, poi, per la loro particolare condizione, sono senza malizia e davvero molto spontanei anche davanti alle telecamere.
Dall’altro lato, la delicatezza e l’attenzione con cui il lavoro è stato girato e montato. Si respira un’empatia ben lontana dal pietismo o dall’ipocrisia che ci si potrebbe aspettare.
In alcuni casi c’è anche un minimo di durezza e di severità da parte dei tutor e, con la massima attenzione e le dovute cautele, i ragazzi vengono trattati alla pari degli altri impiegati.
Perché, a volte, anche essere rimproverati quando si sbaglia è un modo per sentirsi come gli altri.
Otello Piccoli