Sanremo, tra mummie e noia un dubbio: ma la Carrà sniffa coca?


Io ve lo devo dire subito, così fughiamo ogni dubbio: Il Festival di Sanremo è una noia mortale!
Ovviamente lo sapevo già, ma poi ho avuto l’orrenda visione del suicidio di massa di tutti voi, miei deliranti fan, alla notizia che non ci sarebbe stato il post di Sanremo su Se Telecomando.
Così, come Gesù Cristo, ho caricato la croce sulle mie spalle e mi sono sparato sette ore di Festival, una roba che al confronto le due ore e mezza passate sulla sedia del dentista la scorsa settimana sono state un orgasmo.
Tra l’altro, bisogna aggiungere che, per un’intera settimana, sono stati sospesi quasi tutti i programmi di punta in prime time della tv generalista italiana,pubblica e privata, per timore del flop degli ascolti. Cioè se non ti piace il Festival t’attacchi.

Sanremo è, da sempre, lo specchio più limpido di un Paese che non ha mai voglia di guardare avanti, e cerca solo rassicuranti sguardi sul passato.
Per dire, mentre Jimi Hendrix bruciava la chitarra sul palco suonando l’inno americano, da noi si esibivano Little Tony e I Ricchi  e Poveri. Continua a leggere

Tale e Quale show: quell’irrefrenabile voglia di uccidere Fabrizio Frizzi

Christian De Sica, Loretta Goggi, Flavio Insinna, Claudio Lippi

Christian De Sica, Loretta Goggi, Flavio Insinna, Claudio Lippi

La chiamata alle armi significa che dei bianchi di pelle mandano dei neri di pelle a fare la guerra contro dei gialli di pelle, per difendere la terra che loro hanno rubato a dei rossi di pelle!

M’è venuta in mente questa citazione da Hair, il film di Milos Forman tratto dal musical di Galt MacDermot, guardando “Tale e Quale Show“, un programma in cui un vip presenta dei vip che imitano dei vip per una giuria di vip.
Solo che a guardarli, invece dei vip, ci sono sei milioni di italiani che amano vedere questi tizi chiacchierare e scherzare tra di loro con un umorismo che, in terza media, li avrebbe trasformati, in un attimo, nel pungiball della classe.
Ma siccome questi hanno più milioni in tasca che globuli rossi nel sangue, gli si può perdonare di tutto. Continua a leggere

Niente Crozza e un Gazebo mesto: la Sardegna e l’ipocrisia autoassolutoria

mori makkox

Passi per Crozza, ma ieri pure Zoro ci è caduto.
È l’emergenza autoassolutoria che pervade la tv quando una strage commuove il Paese: stop all’infotainment, stop al frizzo e al lazzo inserito nell’approfondimento, spazio a un finto, purché esibito, dolore. Per dire “ehi, pure noi siamo sensibili”. Eppure, in realtà, con questa sospensione la tv mostra il suo lato peggiore. Il suo lato peloso. Quello ipocrita.

È una storia lunga, quella della sospensione dei palinsesti. Affonda le radici nel 1978, nella strage di via Fani: il Paese, quel giorno, si era fermato, si era commosso da Trieste in giù, eppure in prima serata andò in scena comme d’habitude Raffaella Carrà, a cantare in una clip registrata prima del rapimento di Aldo Moro su come fosse bello far l’amore in quell’Italia colpita al cuore dalle Br. Seguirono naturali polemiche, qualche presa di posizione e una rivelazione tardiva della stessa Carrà: “Quel giorno – disse la bionda showgirl a ‘L’Espresso‘ vent’anni più tardi – telefonai alla Rai e dissi ‘vi prego, non mandate in onda il mio varietà’. Continua a leggere