Passi per Crozza, ma ieri pure Zoro ci è caduto.
È l’emergenza autoassolutoria che pervade la tv quando una strage commuove il Paese: stop all’infotainment, stop al frizzo e al lazzo inserito nell’approfondimento, spazio a un finto, purché esibito, dolore. Per dire “ehi, pure noi siamo sensibili”. Eppure, in realtà, con questa sospensione la tv mostra il suo lato peggiore. Il suo lato peloso. Quello ipocrita.
È una storia lunga, quella della sospensione dei palinsesti. Affonda le radici nel 1978, nella strage di via Fani: il Paese, quel giorno, si era fermato, si era commosso da Trieste in giù, eppure in prima serata andò in scena comme d’habitude Raffaella Carrà, a cantare in una clip registrata prima del rapimento di Aldo Moro su come fosse bello far l’amore in quell’Italia colpita al cuore dalle Br. Seguirono naturali polemiche, qualche presa di posizione e una rivelazione tardiva della stessa Carrà: “Quel giorno – disse la bionda showgirl a ‘L’Espresso‘ vent’anni più tardi – telefonai alla Rai e dissi ‘vi prego, non mandate in onda il mio varietà’. Continua a leggere