
Carlo Conti con tanto di vallette
Vi siete mai chiesti perché i concorrenti dei quiz televisivi sembrano tutti scelti al festival internazionale degli scemi del villaggio?
Beh, ora vi racconterò una favola.
C’era una volta un signore, si chiamava Mike Bongiorno, che di mestiere faceva il conduttore di quiz televisivi.
Ai suoi quiz partecipava l’esperto. Chi era l’esperto? Era uno che sapeva tutto di un particolare argomento. Le domande erano difficilissime.
All’esperto di storia risorgimentale chiedevano cose tipo: “al termine dell’incontro di Teano con Vittorio Emanuele II, Garibaldi si soffiò il naso, ma gli cadde il fazzoletto. Come si chiamava la moglie del colonnello che lo raccolse, alla quale fu affidato l’onore di restituirglielo dopo averlo lavato?”
Insomma, il concorrente del quiz era una persona per cui le porte della conoscenza erano aperte. Una persona da ammirare. Che magari invogliava il telespettatore a saperne di più, ad averlo come modello.
Nel frattempo Umberto Eco scriveva un piccolo saggio intitolato “Fenomenologia di Mike Bongiorno“, in cui, fondamentalmente, sosteneva che lo spettatore medio amava il conduttore perché lui era la quintessenza della mediocrità: ignorante, incline alla gaffe, piccolo borghese, idolo raggiungibile nei confronti del quale lo spettatore non provava senso di inferiorità.
Ecco, il quiz moderno ha spostato questo senso di identificazione dal conduttore al concorrete.
Il conduttore è una star, ha l’atteggiamento solenne, come se stesse svolgendo una funzione importantissima.
Il concorrente è invece un perfetto ignorante, uno che tu lo guardi da casa e puoi dire: io sono meglio di lui, io al suo posto ce l’avrei fatta. E provi un senso di gratificazione.
I concorrenti non hanno più una serie di domande difficili a cui rispondere, ma delle domande incredibilmente idiote, con tanto di risposta multipla.
E il concorrente, magari, deve anche fare il ragionamento ad alta voce!
Qual è la capitale d’Italia?
A) New York
B) Parigi
C) Caserta
D) Roma
“Ma guarda, Parigi mi pare di no, perché proprio ieri un mio amico mi diceva che sta in Spagna. O forse era in Francia, non ricordo bene. Comunque da quelle parti.
New York non credo perché c’è la canzone New York, New York che è tutta in inglese, e se fosse stata in Italia sarebbe stata in italiano. Sono indecisa tra Roma, che comunque è più grande, e Caserta, dove so che ci sta la famosa reggia, e se ci sta la reggia vuol dire che è una capitale. Però dico Roma perché il mio fidanzato è di lì, e magari gli fa piacere. Secondo me è Roma!”
Mandarli a scuola piuttosto che in tv no, eh?
L’altra sera ho visto per voi su Raiuno una puntata de L’Eredità, condotta dal solito Carlo Conti, uno dei quiz più visti in assoluto, con altissime punte di share.
Su Conti ho già detto tanto in altri post e non voglio ripetermi.
Il format, invece, è l’ennesima scopiazzatura da un programma estero, in questo caso l’argentino El Legado, in cui il conduttore si finge esperto di cose che non conosce, ma guarda male i concorrenti che non sanno rispondere.
Ha girato parecchio per la rete il filmato di quei concorrenti che pensavano che Hitler fosse vissuto negli anni 60.
Il tutto è ovviamente condito da vallette che per mestiere fanno le gnocche e poco più.

Carlo Conti e la domanda su Hitler
La presentazione dei concorrenti è agghiacciante. Mediamente sono degli sfigati incredibili. Accompagnati da madri e fidanzati, si presentano per l’occasione della propria vita.
Alla prima concorrente, Elena, chiedono di indovinare in che regioni si trovano determinate città e lei piazza Crotone in Puglia, Terni e Caserta nel Lazio.
La studentessa Dalila deve trovare il femminile di parole come duca, conduttore e psicologo.
Un altro ancora deve sapere le tabelline. Insomma tutti dei geni incompresi.
Ma la migliore di tutte è la campionessa in carica, che non sa distinguere un attore da uno scrittore e consegna il Nobel a Jeremy Irons e l’Oscar a Kipling.
Poi inizia la gara vera e propria con domande su argomenti che non c’è motivo di conoscere, tipo che in Svezia si può comprare la cacca di alce come souvenir, o che Milly Carlucci parla con le piante.
Ma la cosa più bella è l’eliminazione. Quando un concorrente sbaglia non viene eliminato. No, punta un concorrente a cui vengono poste delle domane, e se sbaglia viene eliminato. Altrimenti viene eliminato quello che lo ha puntato.
Che sarebbe un po’ come se a scuola quando ti interrogano e tu non rispondi la prof ti dicesse: bene ora indica un compagno a cui farò una domanda. Se non la sa prende un due, altrimenti lo do a te. Ma roba da matti! Ma quale malato di mente l’ha inventato questo meccanismo?
Le domande, naturalmente, sono anche qui complicatissime. La peggiore è: “ha Pechino come capitale”. Vabbè.
Poi, per essere ancora più contorti, c’è il gioco della scossa, che ha sicuramente come fonte ispiratrice il referendum abrogativo all’Italiana: è l’unico quiz al mondo in cui devi sbagliare risposta e fare un nome che non sia quello giusto. Nel nostro caso un tizio che ha paura dell’aereo tanto da andare a Budapest in pullman, e che alla fine risulta essere Enrico Ruggeri. Me’ cojoni,direbbero a Roma!
Insomma, dopo una serie di giochini del genere si trovano in finale Dalila ed il nerd Antonio
Il duello consiste in domande di cui loro non conoscono assolutamente la risposta, e che cercano completamente a caso. Chi ha più culo vince.
Una delle più belle è: cosa fare con un’anziana signora in macchina, secondo il galateo? Aprirle la portiera, correre per arrivare prima, farla sedere dietro, azionare l’aria calda al massimo.
Io, nel frattempo, sto sbattendo i denti sul davanzale per superare lo strazio.
La sfida è vinta da Dalila, ma il nerd meritava di uscire dopo aver sostenuto che l’osso della bistecca fiorentina sia a forma di o. Pregasi il prossimo ristoratore di presentargli al
tavolo un ossobuco e farglielo pagare come una costata di chianina.
L’ultimo gioco, la ghigliottina, è ancora meglio, perché non richiede nemmeno di sapere una risposta, ma di scegliere tra coppie di parole completamente a caso, di modo che la produzione risparmi più soldi possibili rispetto al premio finale.
Poi bisogna trovarne una che ci azzecchi con le altre.
Nel nostro caso le parole erano:
Buono
Senza
Dare
Organo
Discorso
La nipotina di Einstein scrive “tempo”, ma non sa nemmeno lei perché, e torna a casa con la coda tra le gambe.
La parola era “senso”. Quello che non ha questa trasmissione.
Otello Piccoli
Diversi anni fa partecipai ad una trasmissione televisiva. Il solito gioco a premi condotto, come dici giustamente tu, da una star dall’atteggiamento solenne. Non faccio il nome del presentatore né della trasmissione ma credo che se dico che il conduttore è il più borioso tra tutti, probabilmente ti verrà in mente di chi parlo.
Prima di entrare in trasmissione fui convocato in un ufficio dove trovai gli autori ad aspettare me e i miei concorrenti. Ci comunicarono in anticipo alcune domande e per alcune di queste ci diedero anche le risposte… e qui potrei fermarmi ma…
…durante la trasmissione i pulsanti per prenotare la risposta funzionavano “a caso” e, nonostante la trasmissione fosse registrata, all’epoca ne facevano addirittura due al giorno, ad un certo punto della registrazione venne simulata una “telefonata da casa” per partecipare a un concorsino e vincere un premio. A distanza di almeno un paio di decenni da quell’episodio, non mi ricordo francamente se quel sedicente concorrente vinse. Posso però dirti che quella farsa si ripeteva ad ogni puntata creando di fatto la sensazione, per chi guardava quel gioco a premi, che realmente qualcuno partecipasse da casa a quella “cosa”.
Quindi… non mi meraviglierei se i concorrenti, di qualsiasi trasmissione d’intrattenimento, ricevessero delle imbeccate, non solo sulle eventuali risposte ma anche su come apparire davanti al teleschermo. Non dico che siano attori, ma gli autori della trasmissione calcano la mano sui caratteri dei personaggi enfatizzando e talvolta rendendo grotteschi certi atteggiamenti a beneficio del pubblico.
Comunque sia, nulla da meravigliarci… anche questo è entertainment.
Cioè, dici tu, che potrebbero fingersi più ignoranti di quel che sono, perché questo porta pubblicità al programma?
Non lo escludo.
Sì, praticamente sì. L’aggravante è che nel turbinio emozionale che si prova a stare dietro a una telecamera non ci si rende conto di quanto accade. Ti dicono di fare “qualcosa”, cerchi di non fare figuracce ma inevitabilmente passa il messaggio: “tanto sei qui per divertirti, quindi, divertiti e prendila sul ridere”. Solo quando torni a casa ti rendi conto che magari avresti potuto agire in modo diverso. Col senno di poi…
Se poi gli autori si rendono conto che un concorrente può diventare “un personaggio”, allora sì….
Applausi.
Grazie mille.
povera italia….
Eh già!
Condivido appieno il tuo pensiero.
Mi fa piacere!
sono completamente d’accordo con te dalla prima all’ultima parola
Più siamo, più mi consolo.
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