Quando a fine puntata Giovanni Floris dice “alè” mi viene voglia di stenderlo con un cazzotto.
Con quella faccia da secchione del primo banco che non ti passerebbe il compito nemmeno se da questo dipendessero i destini del mondo, il presentatore di Ballarò è un uomo per tutte le stagioni.
Non che sia viscido e mellifluo come Bruno Vespa (di cui a breve prometto di parlarvi, perché questa novità della clessidra gigante mi ha provocato un dolce brivido d’eccitazione lungo la schiena), e nemmeno pienamente lecchino come Emilio Fede.
Ma si muove agilmente, nonostante la postura da scopa infilata nei reconditi abissi, nelle acque della politica italiana. Infatti piace alla sinistra, soprattutto ai dirigenti del Pd, perché “è uno di noi” e non rompe troppo le scatole. E, nonostante le sceneggiate, piace alla destra i cui esponenti fanno a gara per essere presenti nel suo studio.
Se poi piace o non piace al pubblico, chi se ne frega.
L’eterno giovane manca decisamente di coraggio, e quando risponde alle provocazioni a muso duro (e accade raramente) è perché qualcuno ha davvero esagerato. Altrimenti lui, con arietta superficiale e occhietti che guardano nel vuoto assoluto, fa buon viso a cattivo gioco e passa oltre. Probabilmente la parola peggiore che conosce è “sacripante”, ma deve essere proprio furioso per dirla!
Infatti conta nella sua trasmissione come il due di coppe con briscola a mazze. In più ha il terribile difetto di leggere di continuo la sua cartellina, dando l’impressione di essere completamente assente rispetto ai temi che tratta. Se un ospite mente si guarda bene dal riprenderlo, oppure lo fa alternando aria svogliata a sorrisetti complici.
In compenso il nostro amico è un vero genio della tv, un innovatore! Da oltre 10 anni fa sempre la stessa identica trasmissione, sulla stessa rete, con lo stesso format, lo stesso tono di voce, i cartelli, e i sondaggi improbabili tipo “se la sinistra fosse guidata da Superpippo, la destra da Diabolik, e il M5S da Rocco Siffredi, votereste per un centro liberale guidato dal Gran Mogol delle Giovani Marmotte con Alfano addetto al falò?”
Anzi il programma è perfino peggiorato, dato che all’inizio si avvaleva dei corsivi di Peter Freeman e Alessandro Robecchi, che almeno mettevano un po’ di pepe nella trasmissione con sarcasmo e posizioni molto nette. E’ rimasto nella storia quello contro la guerra in Iraq che fece infuriare Giovanardi che arrivò a definirlo “un filmato da propaganda nazista”.
In fondo Ballarò era nato nel novembre 2002 nel tentativo di acchiappare, e un po’ consolare, gli orfani della tv di Michele Santoro dopo l’editto bulgaro dell’aprile dello stesso anno che provocò la cancellazione di Sciuscià dal successivo palinsesto.
Tolto di mezzo il corsivo l’unica cosa decente che offre oggi Ballarò sono le copertine di Maurizio Crozza (quella di oggi la trovate qui), che nemmeno sempre le azzecca da quando ha deciso di non far più arrabbiare gli ospiti in studio.
Per il resto la noia è tale che speri squilli il telefono e sia il dentista che ti ricorda dell’appuntamento dell’indomani.
Il mattatore del venerdì di La7 ieri ha soddisfatto a singhiozzo. Ma la battuta a Cuperlo (“auguri per la campagna elettorale! Uh che gaffe! Mi scusi, forse non voleva farlo sapere? Perché non lo sa nessuno!”) è stratosferica.
Passati i dieci minuti del comico genovese l’attenzione cala subito, grazie all’ennesimo servizio sull’economia, inutilmente didascalico, che non dice niente di nuovo.
Mi tocca puntare tutto su Nunzia De Girolamo, una che delle grandi intese ha fatto una scelta di vita: ancella del Pdl e sposa del piddino Boccia.
Di fronte ha Nosferatu Sallusti, che la odia per la svolta lettiana, ma Floris decide di gettare acqua sulla prima scintilla col suo “cartello” che non è nemmeno in grado di leggere, e così ecco che, per i poveri malcapitati spettatori, diventa uno scioglilingua: duemiladodiciimupiutarsuduemilaquattordiciimupiutaripiutasi!
Così di cartello in cartello la parola passa a Gianni Cuperlo, l’agnello che D’Alema e Bersani hanno deciso di dare in pasto a Renzi.
Cuperlo è una brava persona ma ha il carisma del mio citofono e assomiglia un po’ troppo a Lurch della Famiglia Addams. Televisivamente proprio non funziona.
Infatti quello che dice entra da un orecchio ed esce dall’altro.
Bisogna aspettare Oscar Farinetti, il renziano proprietario di Eataly, per sentire una frase sensata: “le riforme economiche sono e devono essere di parte. Non si possono fare con le larghe intese”. Oppure la sociologa Chiara Saraceno che, sullo stesso principio, smonta Letta dicendo che definire “neutra” la manovra non le sembrava una gran cosa, riferendosi ad una decisione politica. Poi, già che c’è, smonta anche la manovra.
La trasmissione si trascina tra Cuperlo che straparla di New Deal all’italiana e tutti gli ridono in faccia, Sallusti che fa l’opposizione al governo, il cartello 9275, Pagnoncelli, e il servizio sulle contraddizioni dei politici, che vorrebbe far ridere ma non ci riesce.
Anzi fa piangere vedere Mario Monti dalla Annunziata che polemizza sulla storia del cane della Bignardi sovrapposto al Monti, in campagna elettorale, che chiede di poterlo adottare (ecco il video).
Ma dopo due ore e mezza insopportabili capisco che la mia fiducia nella De Girolamo non era mal riposta.
Infatti ci pensa lei a risollevarmi il morale con la battuta del secolo: “auspichiamo che tutti paghino le tasse, e forse bisogna dare lezioni esemplari a chi non le paga”.
Chissà che droghe girano nello studio di Ballarò…
A quel punto Floris fa la sua “dedica”, che poi è una roba melensa ed incomprensibile, e un ultimo breve giro di interventi.
Io, invece, ho solo pochi secondi di tempo per raggiungere il telecomando prima che lui dica: “a martedì, alè“!
Otello Piccoli
floris non mi interrompa.
Uh, vero, la Pestigiacomo da Floris!
Otello, quasi quasi, per tutte le cose negative che hai scritto, sembra quasi che tu stia rosicando di non essere Floris.
Sembra é…
Non te la prendere, non si può essere tutti numero uno! 😉
Complimenti per la fantasiosa interpretazione.
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