Se volessi seguire la via del cuore potrei chiudere la recensione su X Factor con una sola, monumentale, citazione: X Factor è una cagata pazzesca. E poi attendere i canonici 92 minuti consecutivi di applausi da amici musicisti che nella vita studiano, fanno gavetta, si formano, suonano nei locali per due soldi litigando coi proprietari, e poi si sentono dire: “cosa fai nella vita? Il musicista! Sì, capisco, ma che lavoro fai?”
Invece ho deciso che no, non voglio cavarmela così, quindi prendo coraggio, il coraggio che l’anno scorso non ho saputo trovare, e guardo alcune puntate.
Se parliamo del prodotto televisivo in sé, bisogna ammettere che la confezione è di altissimo livello.
Una regia attenta e professionale (Sky, da questo punto di vista, è due spanne superiore alla Rai), le luci, le scenografie, le coreografie. Non si sceglie la via facile, da quel punto di vista, anzi. X Factor è pensato e costruito per incollare lo spettatore alla tv come i bambini alle vetrine colorate la viglia di Natale.
Sì, poi bisogna ammetterlo: c’è anche qualche voce dignitosa tra i concorrenti, e una o due canzoni a puntata sono anche scelte tra quelle che hanno un senso.
La vera genialata, però, è un’altra: il televoto! La sensazione, regalata al pubblico, anche attraverso la retorica costruita e banale dei giudici, di essere tutti grandissimi intenditori di musica, di voci, di stecche, di acuti, di bassi, di soul, di rock, di pop, di arrangiamenti, di personalità da frontman.
Insomma eravamo un Paese di allenatori di calcio e stiamo diventando un Paese di giudici di talent show.
Qui si fermano, da un punto di vista prettamente legato alla professionalità del format, quelli che potremmo definire gli aspetti positivi.
Poi c’è il resto.
Innanzitutto il concept: da anni reality e talent si spacciano per luoghi dove realizzare i propri sogni, eldorado delle opportunità, terre dell’oro, distributori automatici di fama e successo.
In realtà sono solo dei veri e propri casting con pubblico, niente di più di ciò che si faceva prima senza telecamere, e che oggi invece viene venduto a milioni di telespettatori (e a migliaia di partecipanti) come la vera grande novità televisiva del decennio.
Sì perché, dobbiamo dircelo, X Factor non cerca un talento. Non cerca un musicista. Non cerca un artista. X Factor confeziona prodotti vendibili facendoli scegliere all’acquirente prima di immetterli sul mercato.
Insomma, è un enorme focus group di massa, atto a raccogliere informazioni su come venderti qualcosa per qualche mese, prima di iniziare una nuova edizione e cercare il nuovo prodotto.
E così eccoli in fila, trepidanti, migliaia di aspiranti pop star, per lo più ignoranti in campo musicale, sbavare per l’approvazione di un giudice, mentre il pubblico, soprattutto quello in primo piano, viene addobbato come un albero di Natale con magliette inneggianti a Pinco, e cartelloni commossi celebranti Pallino.
Il fatto che quasi nessuno tra questi abbia qualcosa da dire, da raccontare, da cantare, conta pochissimo. La personalità artistica dell’individuo (se mai fosse presente) è annullata dal potere del format.
Quello che devi dire, come lo devi dire, che look devi aver nel dirlo, come devi muoverti sul palco, quali emozioni devi esprimere, te lo faranno sapere loro, gli autori.
Così ad ogni esibizione lo stesso cantante è diverso dalla volta precedente, e avanti così finché non si capisce che quello è il look o lo stile che vende di più.
E non importa che siano falsi come le Teste di Modigliani ritrovate a Livorno. Il pop, questo pop postmoderno soprattutto, non richiede sincerità. Anzi, vuole luci e paillettes, ritmo forsennato e coreografie che mettano all’angolo le note o il senso dei testi, a favore della spettacolarizzazione del prodotto.

I Komminuet (che Morgan ha costretto a baciarsi in diretta, con grande felicità di lui e altrettanta perplessità di lei)
In più, le aspiranti star, hanno spesso nickname anglofoni, il che sottolinea ancora una volta come non siano portatori nemmeno di quel minimo di cultura italiana che qualunque artista locale dovrebbe possedere. Perché se riduci la musica ad una questione di tecnica, escludendo la cultura, la passione, lo struggimento dell’anima, la vita vissuta, le esperienze, cosa ti resta? Una mera esecuzione, che a quel punto potresti anche far fare ad un pc. E verrebbe meglio.
Sul lato musicale c’è anche poco da aggiungere, se non che le basi registrate sono una vera mortificazione della musica, la scelta di trasformare una competizione canora in un mega karaoke digeribile dal più ampio pubblico possibile. Quindi, di per sé stesso, un prodotto mediocre.
Inoltre la scelta delle cover ne è il più chiaro sintomo: se fosse una gara di inediti sarebbe meno vendibile. Invece se le cover spaziano da Jannacci a Tiziano Ferro, da Madonna all’ultimo improbabile rapper, è più facile avere un pubblico eterogeneo e quasi in competizione.
Ma c’è ancora da dire una cosa fondamentale. Mentre tutti si appassionano alla gara canora, in pochi si accorgono che, nelle tre ore di puntata, la musica occupa più o meno dai 20 ai 40 minuti. Il resto sono chiacchiere, polemiche, litigi e pianti. Che poi è quello che la gente, con la falsa scusa della musica, è davvero interessata a vedere.
Tralasciando l’inutile ruolo di Cattelan, ché davvero non si capisce a cosa serva un presentatore per dir due parole ogni tanto, assolutamente ininfluenti al fine del programma, bisogna aprire un capitolo sui giudici.
Innanzitutto su quei testi fintamente improvvisati coi quali introducono gli artisti. L’aria con cui i quattro devono fingere di avere qualcosa da dire, mentre stanno leggendo qualcosa scritto dagli autori, farebbe quasi tenerezza, se questi non prendessero vagonate di euro per farlo.
Come in tutti i talent, sono loro, i giudici, le vere star.
Il primo, Mika, è un po’ il Bastianich di X Factor: una multinazionale della canzone, e il suo ruolo è, più che altro, quello di far ridere la platea con i suoi “domanda di stile” e “mi arrobbio” che fanno tanto “vuoi che muoro?”.
In fondo è simpatico e sembra anche vagamente competente, nonostante sia fan di Jovanotti.
Poi c’è Fedez, che proprio non si capisce cosa ci faccia lì. Completamente fuori luogo, cerca di adattarsi al format, ma è un po’ come mettere la panna sulla carbonara. Signori, è una via facile, ma anche un errore macroscopico!
Victoria Cabello, invece, è una vera e propria delusione.
Come molti altri è partita come irriverente e discolo folletto televisivo, per ridursi ad ennesimo stereotipo.
Passa il tempo a dire solo “ti amo” “sei pazza” “sei fighissimo”, roba che bastava un generatore automatico di complimenti e Sky risparmiava una carrettata di milioni.
L’apice, però, Victoria lo raggiunge al momento dello spareggio tra le sue due creature: Vivian (che non ha mai sentito parlare di Bruce Springsteen) e Camilla, che parla come se avesse una patata in bocca.

Lo scontro tra Camilla e Vivian (vestito offerto dalla Lego), il momento più brutto della vita di Vichy
Victoria è straziata, nemmeno ci fosse Goblin che tiene sua figlia appesa sopra il ponte di Brooklyn, e dice: “questo è il momento più brutto della mia vita!” Poi, rendendosi conto della cazzata apocalittica che ha sparato, tenta una correzione al volo: “degli ultimi 10 anni”.
Ora, cara Vichy, una domanda per te ce l’avrei io: ma che cazzo di vita fantastica fai se in 10 anni, la cosa peggiore che ti può capitare, è che una concorrente che conosci da due mesi viene eliminata da una gara televisiva per la quale ti coprono d’oro?
Se vuoi ti racconto io 10 cose più brutte che sono capitate a me solo nell’ultimo anno!
E, infine, c’è lui: Marco Castoldi, in arte Morgan.
Ve lo dico subito, io Morgan non lo sopporto. A partire dal nome.
Con l’aria presuntuosa di chi ne sa di più (facile fare l’esperto di musica con Victoria Cabello eh?) Morgan passa il tempo a filosofeggiare con frasi inutili tipo: “non si è certi di cos’è noi stessi, non esiste te stesso” (sic) e il pubblico, sconvolto da cotanta saggezza ulula “uuuuuuuh”.
Ma non basta, perché Morgan è anche capace di dirti che il pezzo che ha scelto l’altro giudice non nasce dance e quindi è fuori luogo, e 30 secondi dopo proporti una (agghiacciante) versione dance della Quinta di Beethoven. Il quale, invece, lo sanno tutti, passava le notti in discoteca con John Travolta!
Ma Morgan è insopportabile perfino nel look, con quei capelli tinti, le unghie pittate una sì e l’altra no, il look fintamente ottocentesco e la voglia di passare per un artista maledetto.
Caro Marco Castoldi, gli artisti maledetti erano Jim Morrison e Jimi Hendrix, che ribellandosi ai costumi e alle regole sociali, sfidavano il potere, l’autorità, i benpensanti, il conservatorismo, e magari bruciavano la loro vita a 27 anni in un fiume di alcool e stupefacenti.
Tu sei uno che presenta reality, coperto d’oro dalle multinazionali, e che quando ha provato a fare lo spiritoso raccontando di aver tirato cocaina, s’è messo a frignare e implorare perdono perché escluso da Sanremo. Di maledetto hai solo lo stilista e il truccatore!
Come tutti sapete, però, Morgan ha avuto un sussulto di dignità all’ultima puntata di X Factor. Messo davanti al secondo spareggio tra i “suoi” concorrenti, (e quindi alla possibilità concreta di perdere la sfida) ha fatto come i bambini che si portano via il pallone: ha insultato il pubblico e, ha abbandonato “per sempre X Factor” perché, dice lui in un italiano piuttosto precario “credo di non c’entrare più niente.” Non c’entrare?? Ma come parli?!
Per sua fortuna una attimo prima s’era dato un tono dicendo “aleatorio”.
La parte divertente è che nessuno è intervenuto. Né Cattelan, né uno degli altri giudici. Anzi, erano tutti girati a fischiettare e a limarsi le unghie. Proprio ci tenevano alla presenza di Morgan!
Ora pare, dicono, sembra, si mormora, che Morgan sarà presente domani sera in studio. E la cosa lo renderebbe ancora più credibile di quanto già non sia.
La verità è che X Factor è il vuoto, è il nulla al potere, è il funerale di una cultura musicale importante, da Vivaldi a De Andrè, stirata e stracciata ad uso e consumo di case discografiche e spot televisivi
Insomma un McDonald’s della canzone, dove l’accoglienza è così allegra festosa e colorata, che quando tu ordini l’hamburger non ti accorgi nemmeno che il pane è gommoso e insapore, la carne sembra plastica, il formaggio stantìo, il cetriolino acido e la coca cola che l’accompagna è stata annacquata col ghiaccio. Dimenticandoti che vivi nella patria della fiorentina. Perché non conta cosa stai mangiando, conta solo l’emozione che provi nel farlo.
X Factor va in onda il giovedì alle 21:10 su Skyuno
Otello Piccoli
Ti voto!!!
Ahahah! Sarebbe un onore!
Perfetto! Sei riuscito a sintetizzare alla grande quello che ho sempre pensato dei vari talent. In fondo di gente che canta bene è pieno il mondo, ma di (per dire) Dylan stonati ma che incantano tutti da decenni ce ne sono… beh, uno solo 😉
Se ti va passa da me, c’è una nomination per te! 😉
https://corneliapfashionblog.wordpress.com/
92 minuti di applausi!
Ahahahah grazie!
E’ un peccato che tu non sia giunto alla puntata degli “inediti”!
Sarei molto curioso di leggere una tua analisi.
Devi sapere che io vivo quest’inferno da quando è nato X Factor, ché mia madre se lo spara in vena manco fosse eroina. E X Factor è già meglio, ché prima c’era Amici (AMICI) di Maria De Filippi.
Quest’anno, comunque, anch’io ho deciso di seguirlo per bene, facendo quasi il fan, perché volevo capire cosa ci fosse di tanto bello per incollare mia madre allo schermo (e, cazzo, è mia madre, non posso reputarla una rincoglionita!).
Durante le puntate ho sentire dire espressioni quali “sei il futuro”, “sei un talento assoluto”, “in Italia non c’è nessuno che canta come te”. Una di queste frasi venne indirizzata al vincitore, Lorenzo, del quale, la prima volta che ebbi l’onere di sentirlo, notai subito la somiglianza con Ed Sheeran. Somiglianza, per non dire brutta copia. E quindi nuovo, nuovo cosa? L’altro è tal Madh e, sinceramente, l’unica cosa “innovativa” che gli ho sentito fare è stata rovinare un pezzo di Kendrick Lamar, che è un signor rapper.
Comunque, tornando alla puntata degli inediti, in quella puntata, mentre gli “artisti” cantavano, in sovrimpressione scorreva il testo della canzone.
A un certo punto, all’ennesimo “bravo, eh!” detto da mia madre, le ho quasi urlato “ma ti rendi conto che questi testi non vogliono dire una sega?!”. E la cosa assurda è che non se n’è accorta mia madre, come non se n’è accorto nessuno. Un po’ come quando la gente ascolta i comizi dei politici senza rendersi conto che son solo retorica e zero concetti.
Il vuoto, come hai ben detto tu.
La cosa assurda è che riescono a far credere alla gente che il loro prodotto sia un ottimo prodotto. Un po’ come fa la Apple, ma è un’altro discorso, anche se sempre di marketing si tratta.
Non mi dilungo oltre, ché tra un po’ questo smette d’essere un commento e inizia a diventare la Stele di Rosetta.
Bell’articolo, comunque!
Lo farò leggere a mia madre, a forza, stile Arancia Meccanica, finché non afferra il punto.
Perché, poi, va bene tutto, ma sentirmi chiedere “Mi scarichi l’ultimo di Tiziano Ferro?” no. No. E ancora no.
Io ho lo stesso problema con tanta gente che non capisco come possa appassionarsi tanto.
Ps: il tuo commento mi piace più del mio post.
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