
Alessandro e Mariano (Alessandro Tiberi e Corrado Guzzanti)
Nella prima e nella seconda parte (cliccate sui link per leggerle) vi ho dato un assaggio di tutti i protagonisti più significativi di Boris.
Ma non si può chiudere il discorso senza la vera guest star della serie.
Per gran parte degli episodi della seconda stagione, infatti, partecipa alle riprese anche Corrado Guzzanti, con ben due ruoli.
Il primo è quello di Mariano Giusti interprete del perfido Conte ne Gli Occhi Del Cuore2.
Borderline, violento, piromane, Mariano è folgorato sulla via dell’Abruzzo dall’apparizione di Gesù Cristo che gli chiede uno strappo sulla Roma-L’Aquila, e lo convince che deve molare il ruolo del cattivo per interpretare il Beato Frediani nel nuovo prodotto della rete.
Ma viene subito stoppato con una motivazione inappellabile: il Beato Frediani è un ruolo da serie A e dev’essere interpretato da un attore da serie A: Fabrizio Frizzi.
Mariano è frustrato e se la prende perlopiù con Alessandro, minacciandolo costantemente con la mazza da baseball, distruggendo tutti i suoi effetti personali, costringendolo a pregare con lui.
Guzzanti è straordinario, lo sguardo del folle è pienamente nelle sue corde, e ci restituisce un Mariano al tempo stesso spassosissimo ed inquietante: forse l’ultima grande cosa che ha fatto in tv.
C’era però un altro personaggio per cui si cercava un interprete: l’agente di Mariano.
Guzzanti si presenta anche per quello, ma gli autori non vogliono assegnargli due ruoli, per via della “politica” della serie. Lui insiste e chiede di essere provinato.
Porta in scena tre personaggi e Torre, Vendruscolo e Ciarrapico non resistono. Fa così la sua comparsa sulla scena Padre Gabrielli, prete camorrista che non conosce il Padre Nostro e sostiene che lui non ha mai detto messa, perché la domenica è impegnato a stare con suo figlio.
Cerca di promuovere l’immagine di Mariano, mentre lui è sempre più deluso dalla poca fede del prete.
Il rapporto tra i due finisce in modo del tutto imprevedibile.
Infine c’è lui: Boris il pesce, che dalla sua boccia piena d’acqua osserva la realtà e ce la rimanda deformata, ingigantita, proprio come noi vediamo lui attraverso il vetro.
Chi è Boris? Forse è proprio la metafora della tv stessa. Oppure del telespettatore che, muto, ed ormai incapace di interagire, dimentica la realtà e si limita a viverne una sua rappresentazione.
Andando a concludere questo lungo lavoro, posso fare alcun considerazioni finali.
Boris si caratterizza senza dubbio per una satira forte nei confronti del mondo della televisione italiana, ma è anche satira politica e sociale,perché intorno alla tv girano soldi controllo, potere.
Si passa dal dilemma sui possibili attentatori della puntata finale e si decide che devono essere laici per non fare torto agli islamici in un momento politico delicato.
Si rigira una scena in cui un personaggio abortisce perché ora il Governo (e la rete di conseguenza) è contrario all’interruzione di gravidanza.
Si aspetta il risultato delle elezioni per capire chi deve essere il colpevole del finale della seconda stagione: alla fine, dato che è un sostanziale pareggio, si decide che sarà il magistrato, che tanto i magistrati stanno sulle palle a destra come a sinistra, e così nessuno protesterà.
C’è lo stagista schiavo, convintamente di sinistra, che cambia subito idea quando lo zio diventa senatore con la destra e lo raccomanda.
E poi, appunto c’è la tv vera e propria, quella che riporta alla ribalta Martellone, dopo lo scandalo, con l’ennesimo reality show che cancella il passato e dona nuova linfa all’insignificante, sedicente, vip di turno.
E c’è la vita vera: molti personaggi della serie hanno i nomi originali dei componenti della vera troupe. C’è il racconto, o meglio la denuncia, della piaga dello stagismo, per cui tanti giovano talentuosi vengono sfruttati a costo zero, e trattati come l’ultima ruota del carro, anche grazie alle incredibili leggi sul lavoro che abbiamo in Italia.
E abbiamo i racconti veri, visto che gli autori, per scrivere, si sono spesso ispirati ad aneddoti riportati e a fatti realmente accaduti.
E poi ci sono le citazioni, decine di citazioni. Ne elenco solo qualcuna:
- L’inizio della seconda stagione è identico a quello della prima puntata di Lost
- Il titolo del primo episodio (Il Mio Primo Giorno) è lo stesso del primo episodio di Scrubs
- La sequenza delle inquadrature nel penultimo episodio della seconda stagione è una citazione della serie tv “24“
- Ci sono continue citazioni di Star Wars, la più evidente è “usa la forza, Ferretti!”
- Le puntate “Stanis non deve morire” e “Il Cielo sopra Stanis” sono evidenti citazioni dei film di Rob Reiner e di Wim Wenders
Insomma Boris non è solo una serie tv.
E’ la trasformazione di un linguaggio, di un registro, è la distruzione degli schemi a cui eravamo abituati, e, di conseguenza, tiene sempre attivo il cervello, mentre ti fa ridere a crepapelle.
La domanda è: perché nessuno ha seguito l’esempio? Perché nessuno vuole scommettere su qualcosa di più audace dei soliti prodotti, studiati a tavolino per incantare un certo tipo di pubblico, che deve sempre accontentarsi e mai pretendere un po’ di coraggio e di innovazione in più?
A questo proposito vi regalo un breve intervista a Giacomo Ciarrapico sulla scrittura televisiva in Italia.
In ogni caso risposte non le possiamo trovare, se non nell’oblio culturale e sociale in cui si trova questo Paese da tanti, troppi anni. Altro che crisi economica. Come diceva Franco Battiato “l’evoluzione sociale non serve al popolo, se non è preceduta da un’evoluzione di pensiero”. E per quella bisognerà aspettare ancora tanto.
Nel frattempo, se qualcuno si fosse perso Boris, corra a vederlo. Ora che lo sapete, perdervelo è una cosa che grida vendetta a Dio.
Boris è andato in onda su Fox, su Fx, su Cielo e su Rai Tre. Dalla serie è stato tratto un film, uscito nelle sale il 1 aprile 2011.
Ps: se qualcuno cercasse curiosità varie su Boris, consiglio di andare sul blog ufficiale, cliccando qui. E vi segnalo anche due vecchie, ma sempre interessanti, interviste agli autori, una su Vice, che potete leggere qui e l’altra su Wired, che potete invece leggere qui.
Otello Piccoli
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Come Lars Von Trier!
In realtà dice anche “all’olandese” ma Trier è danese.
Mi sono sempre chiesto se sia fatto apposta.