Beau e Monique Maestas sono due ragazzi di Mesquite, Nevada. Cresciuti in una famiglia allo sbando, usano farsi di metanfetamine.
Una sera si recano al casinò per un acquisto, e la pusher, Tamara Bergeron chiede loro di attendere. Ma i due hanno fretta, così, per toglierseli dai piedi, Tamara consegna loro dello zucchero.
Quando i due se ne rendono conto tornano indietro per vendicarsi. Cacciati dal casinò, si dirigono verso il camper di Tamara dove, come sempre, le piccole Brittney (10 anni) e Kristyanna (3 anni), sono abbandonate a loro stesse.
Brittney, infatti, quando la madre è al casinò, cioè ogni sera, si prende cura della sorellina con le attenzioni di un’adulta.
All’arrivo di Beau e Monique, Brittney non vuole aprire la porta, ma i due la convincono dicendole che la madre sta male. Una volta entrati puntano il coltello alla gola della piccola. E, quando Kristyanna si sveglia e si mette ad urlare, per zittirla partono le coltellate.
Beau colpisce Kristyanna prima alla testa e poi alla bocca, mentre Monique infligge 20 coltellate al piccolo corpicino di Brittney. Poi i due si danno alla fuga, mentre Brittney, incurante del dolore, prova con tutte le sue forze ad avvicinarsi alla sorellina per soccorrerla.
Ma non c’è niente da fare, Kristyanna è morta. La sorella maggiore, invece, viene salvata, ma è costretta a vita su una sedia a rotelle, e condannata al ricordo perenne di quella notte assassina.
Beau e Monique vengono catturati. Lui è condannato a morte, mentre per lei arrivano due ergastoli.
Questa è solo una delle tante storie che ci racconta la docu-fction “Giovani, Carini, Assassini“, in onda il venerdì alle 22 su CI Crime+Investigation, la rete televisiva italiana interamente dedicata al crimine “real”, canale 118 di Sky.
Se paragonato alle bellissime puntate di Le Relazioni Pericolose, Giovani Carini Assassini è un prodotto di livello decisamente più basso, anche se condito con molti documenti video originali e sconvolgenti. La narrazione non è eccellente, mentre dalle testimonianze si coglie spesso un certo bigottismo fanatico tipicamente americano.
Le storie narrate, però, sono decisamente forti e dure, a tratti davvero commoventi.
Tra quindicenni che sterminano la famiglia per l’eredità e diciassettenni che accoltellano la madre per poi spogliarla e abbandonarla nuda sulla neve, la domanda di fondo che la docu-fiction si pone è: cosa spinge dei ragazzini verso una violenza cieca e senza ritorno?
Ma la risposta non esiste. Per ognuno c’è una diversa motivazione. Spesso sono le condizioni sociali e familiari. Qualche volta le ossessioni dei genitori, che finiscono per trasformarsi in repressione. Altre volte, invece, è solo un attimo di follia omicida. Qualcosa che scatta nel cervello e non puoi farci niente.
L’unica cosa in comune tra questi diversi atti di violenza sono le conseguenze sulle vittime. Ma, anche, sui carnefici stessi. Perché chiudere in carcere un quindicenne e buttare la chiave, probabilmente, non è la risposta migliore che le moderne democrazie possano dare.
Otello Piccoli