Santoro mette alla sbarra lo Stato. Che gli arresta il testimone!

Vincenzo Scarantino a Servizio Pubblico

Vincenzo Scarantino a Servizio Pubblico

Ancora una volta Servizio Pubblico dimostra di essere in perfetta sintonia col proprio nome, osando l’inosabile.
Prima una “intervista doppia” di Michele Santoro e Giulia Innocenzi a due deputati M5S Giulia Sarti e Luigi Di Maio, che verte, principalmente, sulla richiesta di messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica.
Successivamente, invece, la puntata entra a piedi uniti nella delicatissima questione della trattativa Stato-mafia. Argomento che, diciamocelo, è tabù per il 90% della tv italiana, e, quando se ne parla, viene definita sempre “presunta”.

Servizio Pubblico, invece, lo affronta di petto con una serie di incredibili esclusive. E con una ricostruzione straordinaria.
Oltre alle già tristemente famose videoriprese dei colloqui tra il capo di Cosa Nostra, Totò Riina, ed il suo compagno di passeggiate Alberto Lorusso, ecco le intercettazioni originali tra l’ex senatore Nicola Mancino e l’ex consigliere del Quirinale D’ambrosio, ormai defunto.

L'ex senatore Mancino

Nicola  Mancino

Come dice lo stesso Santoro, una cosa è leggerle, un’altra è ascoltarle dalla viva voce dei protagonisti.
Sono intercettazioni pesanti, soprattutto per quel che riguarda il ruolo del Capo dello Stato nel tentativo di intervenire nei procedimenti in corso per risparmiare a Mancino un confronto in tribunale con l’ex ministro socialista Claudio Martelli.
L’altro servizio che accompagna tutta la trasmissione è realizzato da Dina Lauricella e va alle origini della vicenda Scarantino.

Per chi ancora non lo sapesse, Vincenzo Scarantino è l’uomo che si autoaccusò della strage di via D’Amelio, coinvolgendo anche altri innocenti. Solo dopo venti anni, grazie alle parole del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, si viene a scoprire che quella di Scarantino era tutta una montatura.
Ed ecco il gran colpo da maestro di Santoro. di quelli che distinguono un giornalista da un genio della comunicazione. Vincenzo Scarantino è lì, in studio.

Certo le dichiarazioni di Scarantino vanno prese con le pinze. DI sicuro non ci si può fidare al cento per cento di tutto quello che afferma, ma la storia è cruda e purtroppo verosimile, e di sicuro nessuno meglio di lui può testimoniare come e perché è stata montata ad arte una storia al solo fine di sviare le indagini sui veri responsabili della morte di Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta.
Insomma Scarantino è un peso massimo nel ring di una discussione sulla trattativa.
Ad intervistarlo in studio, dove appare col viso nascosto da una maschera piuttosto inquietante, ci sono Marco Travaglio e Giorgio Mulè, direttore di Panorama.

Mulè non perde occasione per provare a screditare Scarantino e le sue dichiarazioni, soprattutto le accuse al defunto questore La Barbera, ed il racconto delle torture subite per convincerlo a prestarsi all’inganno. Mentre Travaglio, puntiglioso come sempre, ci regala una ricostruzione , verosimile anch’essa, che giunge ad una domanda piuttosto interessante: se ammettiamo che lo Stato non abbia avuto responsabilità nella strage, allora perché le forze dell’ordine torturano e poi addestrano un falso pentito? Per difendere chi? Altri mafiosi eventualmente colpevoli? Ha un senso? Perché mai lo Stato avrebbe avuto bisogno di fare questo?

Insomma, con una puntata coraggiosa, Servizio Pubblico riporta all’attenzione del Paese la questione forse più grave degli ultimi 30 anni di storia repubblicana. Talmente grave che sembra vietato parlarne. Talmente grave che né i tg né i telegiornali l’hanno ripresa.
Nonostante i 2.088.000 telespettatori pari uno share del 8,72%.(parliamo sempre di una rete piccola come La7), in una trasmissione senza politici, senza risse, senza insulti, che poi sono ciò che premia, normalmente, i programmi di approfondimento politico.
E nonostante un fatto davvero curioso.

Un'immagine di Vincenzo Scarantino da giovane

Un’immagine di Vincenzo Scarantino da giovane

All’uscita dagli studi di Cinecittà, Scarantino viene fermato e portato via dalla polizia. Successivamente viene dichiarato in arresto perché, sotto falso nome, avrebbe violentato, lo scorso novembre, una ragazza disabile.
E, quando i giornalisti chiedono il motivo di un arresto proprio lì, viene loro risposto che Scarantino era irreperibile.
Cioè proviamo a capirci: Scarantino è ricercato per violenza su una disabile, un reato certamente odioso. La polizia lo sta cercando con tutte le sue forze, ma invano. Santoro, invece, che ha notoriamente mezzi ben più potenti della Polizia di Stato, lo trova e lo invita in tv. Lui, tranquillo, ci va. Poi ad un certo punto un funzionario della PS, facendo zapping, passa su La7, lo vede e dice: toh, Scarantino! Chiamiamo le volanti e andiamo ad arrestarlo!

Non c’è prova contraria, ma la cosa puzza incredibilmente di bruciato. Il timore è che Santoro abbia fatto davvero un gran lavoro giovedì sera. E la cosa potrebbe aver dato fastidio a molti. Forse a troppi.
Di sicuro non a chi cerca buona tv, grande professionalità e grande coraggio. E, ogni tanto, li trova.

Otello Piccoli

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