“Lei ha finto l’orgasmo? E’una cosa comune tra le prostitute?”, chiede il dottore raccogliendo dati per la sua ricerca. “E’ una cosa comune tra chi ha una vagina” risponde, serafica, lei.
Il dottore è turbato. Più tardi, si rivolge alla sua assistente: “Perché una donna dovrebbe fingere un orgasmo?” e lei “per far venire l’uomo più velocemente, così la donna può tornare a fare quello che stava facendo prima”.
Eccola Masters of Sex, la nuova serie tv in onda su Sky Atlantic (ok lo ammetto, ormai questo nuovo canale mi ha drogato) che, a dispetto del nome, non tratta di sesso sadomaso, ma ci racconta le vicende di William Masters e Virginia Johnson, il ginecologo (autore, nel ’66, del best seller “La Risposta Sessuale Umana“) e la psicologa che, tra gli anni ’50 e ’60 condussero uno studio sulla sessualità che fu alla base della rivoluzione sessuale.
Per la prima volta qualcuno studiava il sesso, non solo attraverso questionari e interviste, ma anche attraverso l’osservazione diretta e l’analisi della pratica, dimostrando, tra le altre cose, che la sessualità femminile non è “gerarchicamente inferiore” a quella maschile, come si credeva fino ad allora. Ovvero che una donna ha gli stessi desideri e le stesse esigenze sessuali di un uomo, seppur declinate in modo diverso.
Immaginate, però, cosa potesse significare una ricerca simile in anni in cui le donne non si mostravano nude nemmeno ai mariti! Eppure i grandi passi della scienza sono sempre stati fatti da chi non ha avuto paura di scandalizzare, di uscire dal seminato, di rischiare.
Il Dottor Masters, interpretato da un sempre bravissimo Michael Sheen (Wilde, Alice in Wonderland, Midnight in Paris, l’ennesima star cinematografica prestata alle serie tv), conduce i suoi esperimenti all’università contro il parere del rettore e, tra la curiosità di tutto il personale, studia donne e uomini che si masturbano e che si accoppiano.
E’ un uomo difficile, introverso, con alle spalle un’infanzia con un padre violento. Masters è anche decisamente freddo e anaffettivo, incapace di relazionarsi con gli altri. Ma è un genio e, per fortuna, al suo fianco c’è Virginia, interpretata da Lizzy Caplan (Cloverfield, 127 ore), la fedele assistente disposta anche a “prestarsi” per la scienza.
A casa, invece, lo aspetta la moglie Libby, che crede di avere problemi di fertilità perché lui gli tiene nascosti i risultati del suo spermiogramma.
C’è anche una certa rivalità col medico tirocinante (e ginecologo di Libby) Ethan Haas (Nicholas D’Agosto) che, innamorato di Virginia e umiliato da Masters, crea ai due non pochi problemi.
Tra una lite e l’altra coi colleghi e col rettore Barton Scully (Bau Bridges), Masters è costretto a spostare la sua attività di ricerca in un bordello. Riuscirà a riportare la ricerca all’università solo con la forza di un ricatto.
Nonostante l’argomento trattato, e nonostante le innumerevoli scene riguardanti atti di masturbazione o rapporti sessuali completi, non c’è volgarità né morbosità.
Piuttosto c’è molta ironia, come quando Masters procura un paio di occhiali ad una prostituta convinta di avere un tumore al cervello e lei, tutta contenta e commossa, gli dice: “come posso ringraziarla? Lo gradisce un pompino? Offre la casa!”.
Ma ci sono anche amare riflessioni, purtroppo più attuali che mai.
Secondo Masters il sesso muove le montagne e le coscienze, ed è alla base di quasi tutto quello che facciamo quotidianamente, ma anche delle più grandi opere dell’uomo, perfino nella musica, nella letteratura, nell’arte. Eppure, dice, “noi ci rannicchiamo nell’oscurità come gli uomini delle caverne, schiavi dei sensi di colpa e della vergogna”.
La cosa assurda è che, nonostante i decenni passati, nonostante la rivoluzione dei costumi, nonostante i riferimenti espliciti alla sessualità trasbordino da qualunque mezzo di comunicazione, ancora oggi quella sfera è in gran parte legata alla vergogna, e chi esce da uno schema di intimità e ne parla alla luce del sole, reca disturbo.
Fateci caso, parliamo di sesso in vari modi: vantandoci, scherzandoci, esagerando, insultando, ma non ne parliamo mai con serenità. E’ come se dovessimo costantemente esorcizzarlo.
Infatti, se qualcuno inizia a parlarne in modo naturale, magari soffermandosi su particolari intimi, di solito la reazione degli è schifata, indignata. Perfino nei rapporti di coppia è complicato essere sé stessi fino in fondo, confessare al partner i propri desideri, le proprie fantasie, guidarlo senza imbarazzi per fargli conoscere a fondo le mappe del nostro piacere.
Il sesso è un po’ come il dio cristiano: è il motore del mondo, ma nessuno può conoscerlo fino in fondo, è ovunque ma non si mostra, è portatore di vita ma ai bambini va raccontato sotto forma di metafora.
Ecco, forse Masters of Sex, raffinata, intelligente, con una fotografia perfetta che ci riporta immediatamente negli anni ’50, e perfettamente interpretato da una coppia di attori affiatatissima, ci può aiutare proprio a riflettere su questo: ovvero su come siamo orgogliosi di mostrare tutto ciò che di artificiale c’è nelle nostre esistenze, e di come, invece, da sempre nascondiamo la parte più naturale di noi.
Otello Piccoli