Si avvicina Pasqua e, come quando è Natale, una decina di film, fiction e trasmissioni a tema religioso, ovviamente cristiano, non ce li toglie nessuno.
A Rete 4, in tutto questo, sono convinti di aver fatto un colpaccio assicurandosi i diritti esclusivi di “La Bibbia, Dio nella Storia“.
Si tratta di una fiction in 10 episodi che andranno in onda, due alla volta, tutte le domeniche fino, appunto, a Pasqua.
Gli ideatori sono Roma Downey e Mark Burnett, una coppia cattolica che, con questo lavoro, vorrebbe avvicinare i giovani alla religione e, per farlo, ha coinvolto numerosi teologi, vescovi e perfino pastori evangelisti (in America, poi, vescovi e sacerdoti, nei loro sermoni, hanno invitato la gente a stare davanti alla tv e a seguire la serie. Un’enorme operazione di marketing delle comunità cristiane).
Poi, già che c’erano, hanno preso ispirazione da Matrix, altrimenti non si spiega come l’angelo sterminatore di Sodoma sia, in realtà, una specie di ninja che uccide gli abitanti lottando con due spade e saltando al rallenty proprio come l’eletto di fratelli Wachowsky.
Ma andiamo con ordine.
La prima puntata si apre con Noè nell’arca che racconta la creazione e, in pochi secondi, siamo già alla storia di Abramo, che, per salvare Lot, diventa una specie di guerrigliero.
Ma Lot vuole andare a Sodoma (a lui Sodoma gli piace proprio, chiamalo fesso!) e così si distacca da Abramo per sempre.
Intanto Abramo vorrebbe un figlio, come promesso da Dio, e Sarah, la moglie, gli suggerisce di farlo con la serva (d’altra parte, lo diceva anche Totò: la serva serve!). Così Abramo concepisce Ismaele, e Sarah ci rimane male. Quando si dice la coerenza. Anzi, ci rimane talmente male che, dopo aver lei partorito Isacco, costringe il marito a cacciare serva e bimbo. Senza nemmeno gli otto giorni.
Nel frattempo Sodoma dev’essere distrutta perché la popolazione fa troppo sesso (ah se vedessero una scuola occupata!), ma Lot no, perché è un uomo giusto. Così gli angeli del Signore lo avvisano prima di bruciare la città, e, per coprirgli la fuga, affettano i passanti combattendo con arti marziali e spade, a metà tra un film di Bruce Lee e, come dicevo prima, Matrix.
Le risate sono assicurate.
Terminata la storia di Abramo (sacrificio di Isacco compreso) si passa a Mosè, che sta parecchio sulle balle al figlio del faraone e allora si scopre che tutti, perfino il faraone che li voleva tutti morti, sanno che lui è ebreo. Tutti tranne, ovviamente, lui. La rivelazione avviene in pieno stile soap opera: “Mosè io ti amo come un figlio, ma tu non hai il mio sangue”. Chiudere su Mosè basito.
Un po’ come la finta telenovela “Chiquito e Paquito” di Olcese e Margiotta: “Paco devo dirti una cosa: tua nonna è un armadio!” “Ah, ecco perché cigola!”, fine episodio 2649.
Insomma Mosè fa tutto il suo percorso, libera gli ebrei, separa le acque nemmeno fosse Paola Cortellesi (la blu di qua, la rossa di là) e riceve le tavole della legge. Fine.
Ora, a prescindere dalla fede, la Bibbia è un’opera da cui si possono ricavare, comunque, dei bei lavori. Si presta anche per la monumentalità di alcune scene narrate, e per la bellezza di molti racconti.
Però è anche facile rovinarla, e qui ci sono riusciti in pieno.
A parte l’improbabile tentativo di far passare per storici e realmente accaduti fatti che perfino la Chiesa, ormai, ritiene “simbolici”, i difetti della fiction sono soprattutto tecnici.
La fotografia è pessima, i dialoghi disarmanti, la retorica eccessiva. La voce narrante è didascalica, noiosa, banale, e se ne esce con frasi tipo: “e divenne una statua di sale per aver disobbedito a Dio“,oppure “Abramo ha finito il suo compito, e ora tocca a Isacco“.
Ma il meglio lo dà quando annuncia, come se fosse National Geographic, “ma presto la fame costringe gli israeliti ad abbandonare la terra promessa e andare in Egitto”. Ma che sono? Animali da branco? “Non piove ormai da sei settimane nella savana e i leoni sono costretti ad allontanarsi in cerca di cibo”…bah.
Alcune scene, poi, sono assolutamente improbabili, come quando Mosè trasforma in sangue le acque del Nilo, ma nascosto agli occhi del faraone, che però, non si sa come, sa che è colpa sua e grida “Mosèèèèèè“. Forse aveva già letto la Bibbia e sapeva che era stato lui.
Le piaghe d’Egitto, invece, sono inguardabili, con larve, insetti e cavallette che sembrano immagini rubate a vecchi documentari scadenti. E anche la separazione delle acque del mar rosso non riesce ad essere spettacolare quanto potrebbe, viste le tecnologie di oggi.
Insomma, nonostante le premesse e i 22 milioni di dollari spesi, la serie risulta davvero mediocre, noiosa, didascalica, e veramente mal realizzata.
Ovviamente è stata premiata dagli ascolti: 4 milioni di telespettatori e il 14,7% di share, e domenica prossima ci aspetta un fantastico Sansone coi rasta. Tutto da scoprire.
Rete 4, però, non si limita a mandare in onda la serie, ma la annuncia con una conduttrice con aria molto solenne, e la chiude col commento di Tatti Sanguineti. Che, onestamente, non capisco perché si presti. Forse gli episodi non glieli hanno mostrati.
Ps: è nata, sulla rete, una piccola polemica per il fatto che il diavolo che tenta Gesù, interpretato dall’attore Mehdi Ouzaani, assomiglia tanto, troppo, a Barack Obama. Un complotto? Una critica? Una casualità? Ai posteri l’ardua sentenza.
Otello Piccoli